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240 | Chi l’ha detto? | [742-744] |
inventar cose nuove e lavorar con la materia cavata dalla miniera del proprio ingegno» (Ragguagli di Parnaso, Cent. I, ragg. XXIII).
Appartengono a codesta numerosa genìa anche gl’imitatori, flagellati da Orazio nel verso:
742. O imitatores, servum pecus.1
Dei lavori, particolarmente letterari, composti da autori senza genio inventivo, si suol dire che in essi:
743. Il nuovo non è bello, e il bello non è nuovo.
la quale frase, secondo il Büchmann, trae origine da un epigramma di Johann Heinrich Voss, che, firmato X., comparve nel Vossischen Musenalmanach del 1792, pag. 71:
Auf mehrere Bücher,
Nach Lessing.
Dein redseliges Buch lehrt mancherlei Neues und Wahres. Wäre das Wahr nur neu, wäre das Neue nur wahr!
Il luogo di Lessing richiamato nel titolo di questo epigramma si trova nelle Briefen die Neueste Literatur betreffend (111. Brief, 1760, 12. Juni).
A codesta razza di eunuchi scribacchianti, i francesi applicano argutamente il noto verso di Voltaire:
744. Il compilait, compilait, compilait.2
che si trova nella satira Le pauvre diable, scritta nel 1758 per distogliere dalla pericolosa professione delle lettere un giovane senza beni di fortuna che scambiava per genio la sua smania di far versi. Fra le persone prese di mira in questa satira è l’abate Nicolas-Ch.-Jos. Trublet che veramente non meritava la cattiva reputazione creatagli dai versi di Voltaire, e di cui questi diceva:
L’Abbé Trublet alors avait la rage
D’être à Paris un petit personnage;
Au peu d’esprit que le bon homme avait.
L’esprit d’autrui par supplément servait:
Il entassait adage sur adage,