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[672-673] | Governo, leggi, politica | 211 |
tembre: «Credo che il bene d’Italia non possa farsi che sotto quella bandiera che ci guidò da Marsala al Volturno: l’Italia e Vittorio Emanuele. Questa bandiera è la sola che si possa tenere alta dall’Italia tutta: la monarchia ci ha unito, la repubblica ci dividerebbe. Noi siamo monarchici per il bene d’Italia.»
Queste franche dichiarazioni attirarono su Crispi le ire del partito Mazziniano; e Mazzini stesso lo attaccò acerbamente con una letterà pubblicata nell’Unità Italiana del 3 gennaio 1865. Crispi si difese con un nobilissimo opuscolo: Repubblica e monarchia, lettera a Giuseppe Mazzini, ove si contiene fra gli altri il seguente periodo: «Sì, la monarchia ci unisce, e la repubblica ci dividerebbe, e bisogna non conoscere il paese, ignorare le condizioni di Europa per credere altrimenti.»
Perciò alla fede monarchica si convertirono allora anche dei ferventi repubblicani, che anteponevano alla immediata realizzazione dei loro ideali, la formazione di un’Italia una e libera dalle Alpi all’Etna; questo però non impediva a qualcuno di confidare in un avvenire lontano, e di attendere tranquillamente
672. I placidi tramonti della monarchia.
frase che Alberto Mario, di fede repubblicana federalista; scrisse più volte nel giornale La Lega della Democrazia (fondata nel 1880). Pensava infatti il Mario che i suoi ideali dovessero esser raggiunti non con la violenza nè con le cospirazioni settarie, ma soltanto con la propaganda pacifica delle idee repubblicane. Egli quindi s’inchinava alla volontà della maggioranza, finchè questa volesse conservare la forma monarchica del governo.
Del Crispi si ripetono altre frasi, poichè il suo stile incisivo è specialmente adatto a dar la materia prima di molte citazioni. La più popolare è quella testè da me ricordata, ma ce ne sono pure altre meno note, tale è quella delle
673. Zone grigie.
con la quale frase egli indicò i paesi di confine di nazionalità mista e dànno origine a tante querele d’irredentismo. Egli la disse in una conversazione o intervista che ebbe nel 1890 col signor Saint-Cère redattore del Figaro, e che fu pubblicata in quel gior-