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210 Chi l’ha detto? [671]

Esso è dovuto a Giuseppe Garibaldi, il quale, per quanto mi è noto, lo scrisse primieramente in una lettera a Rosolino Pilo del 15 marzo 1860 intorno ai moti rivoluzionari che si preparavano in Sicilia: «In caso d’azione, sovvenitevi che il programma è Italia e Vittorio Emanuele.» Un’altra lettera inviata da Garibaldi ad Agostino Bertani il 5 maggio 1860, pochi istanti prima di salpare da Quarto con i Mille per la leggendaria impresa di Sicilia conteneva il seguente periodo: «Il nostro grido di guerra sarà Italia e Vittorio Emanuele e spero che la bandiera italiana anche questa volta non riceverà sfregio.» Ugualmente l’ordine del giorno letto ai Mille il 7 maggio in Talamone, dove le navi garibaldine avevano preso terra per fare incetta di munizioni, diceva: «Il grido di guerra dei Cacciatori delle Alpi è lo stesso che rimbombò sulle sponde del Ticino, or sono dodici mesi: Italia e Vittorio Emanuele; e questo grido, ovunque pronunziato da noi, incuterà spavento ai nemici d’Italia.» Ma la prima volta che queste parole furono ufficialmente adoperate, fu nel famoso Decreto di Salemi del 14 maggio 1860, controfirmato Francesco Crispi, col quale Garibaldi assunse la dittatura della Sicilia, e che comincia appunto con le suddette quattro parole.

Fin d’allora i patriotti italiani compresero che la unità e la libertà d’Italia erano possibili soltanto con le istituzioni monarchiche: e fin d’allora un agitatore animoso, che doveva più tardi diventare uno dei maggiori nostri uomini di Stato, diceva che:

671.   La monarchia ci unisce, la repubblica ci dividerebbe.

Tale era il credo politico di Francesco Crispi. Egli lo professò per la prima volta in Parlamento nella seduta del 1° maggio 1864, parlando della condizione dei partiti nella Camera. «È questione, egli disse, non di sentimento, ma di buon senso. La monarchia è quella che ci unisce, la repubblica ci dividerebbe, e siccome il partito di azione vuole l’Italia forte, grande, dalle Alpi all’Appennino, noi saremo col Principe e non mancheremo al giuramento.» Gli stessi concetti sviluppava pochi mesi dopo (seduta del 18 novembre 1864) rispondendo a Mordini, che rimproverava alla Corona di aver violato i plebisciti con la Convenzione di set-