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[612-613] | Giustizia, liti | 183 |
come due canne di panno rosato facevano un uomo da bene; e che gli stati non si tenevano con i paternostri in mano: le quali voci dettono materia ai nemici di calunniarlo, come uomo che amasse più sè medesimo che la patria e più questo mondo che quell’altro». Cosimo era tornato in Firenze dall’esilio con grandi onori il 1° ottobre 1434.
È di Virgilio il verso notissimo:
612. Discite iustitiam moniti, et non temnere divos.1
(Eneide, lib. VI, v. 620).
La giustizia divina, assoluta, ha veramente poco che fare con la giustizia umana. Vi sono alcuni che serbano anche in questa una fiducia illimitata: e ripeterebbero all’occasione l’audace risposta del mugnaio di Sans-Souci a Federigo il Grande:
613. Oui, si nous n’avions pas de juges à Berlin.2
di cui Francois Andrieux fece un verso nel suo poemetto Le meunier de Sans-Souci, letto in seduta pubblica dell’Istituto Nazionale il 15 germinale dell’anno V, e dove dette veste poetica a una nota tradizione, che forse avrà qualche fondamento storico, ma che offre troppe analogie con una storia narrata da Lehmann nel Florilegium politicum auctum (Frankfurt. 1662, to. I, pag. 332) e anche con una novella persiana pubbl. da Wustenfeld nella Zeitschr. der deutschen morgenländ. Gesellschaft, 1864, to. XVIII, pag. 406, per essere accettata senza riserve. La storia esterna di questa leggenda è molto minutamente raccontata dall’Hertslet in Treppenwitz der Weltgeschichte, IV, Aufl., pag. 297-300. Comunque sia la cosa, sembra che realmente Federico si conducesse con molta lealtà non solo verso il mugnaio ma verso tutti i piccoli proprietari che circondavano il suo parco. Il conte Hoditz, a cui egli un giorno narrava la sua condotta verso uno di costoro, rispondeva con molto garbo: «Ah Sire, je vois bien qu’il fait bon être votre voisin en petit!» (Dutens, Mémoires d’un voyageur qui se repose, to. I, pag. 392).