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182 Chi l’ha detto? [608-611]

608.   Error communis facit jus.1

«Non v’ha giurista il quale non adoperi il ditterio Error, communis facit jus, ma pochi si diedero la briga di appurare che sia scritto nella legge 3ª del Digesto al titolo De suppellectile legata» (Giuriati, Arte forense), ed è un testo di Paolo;

609.   Fiat justitia et pereat mundus.2

era motto abituale, secondo che assicurano molte raccolte di detti sentenziosi, dell’Imperatore Ferdinando I che fu già re d’Ungheria e sedè sul trono imperiale dal 1556 al 1564: ma Giorgio Hegel la corresse in questa forma: Fiat justitia ne pereat mundus. La frase primitiva può considerarsi come il prototipo di quell’altra, rimasta celebre ma citata poco esattamente:

610.   Périssent les colonies plutôt qu’un principe.3

che si attribuisce a Robespierre, ma non è sua: fu invece detta da Pierre-Samuel Dupont de Nemours all’Assemblea Nazionale nella seduta del 15 maggio 1791. Era stato detto che i provvedimenti favorevoli ai negri irriterebbero i coloni delle colonie francesi, e avrebbero prodotto una fatale scissione. «Si cette scission, disse l’oratore, devait avoir lieu, s’il fallait sacrifier l’interêt ou la justice, il vaudrait mieux sacrifier les colonies qu’un principe.» Proprio il contrario di quel che pensavano gli antichi uomini di stato italiani:

611. Meglio città guasta che perduta.   

Il Machiavelli nelle sue Istorie fiorentine, lib. VII (Firenze, Tipografia Cenniniana, 1873, vol. I, pag. 330) parlando di Cosimo de’ Medici il vecchio, scrive: «Dicendogli alcuni cittadini, dopo la sua tornata dall’esilio, che si guastava la città, e facevasi contra a Dio a cacciare da quella tanti uomini dabbene, rispose: Com’egli era meglio città guasta che perduta: e


  1. 608.   L’errore comune fa legge.
  2. 609.   Sia fatta giustizia, e perisca il mondo.
  3. 610.   Periscano le colonie piuttosto che un principio.