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[527-530] | Fortuna, fato | 159 |
527. À aucuns les biens viennent en dormant.1
Racconta Du Verdier che Luigi XI una mattina per tempo entrando in Nôtre-Dame de Cléry fu trattenuto da un postulante, che lo importunava per la concessione di un beneficio di patronato regio: il re tace, poi girando gli occhi attorno scorge un povero pretucolo addormentato in un angolo del coro: lo fa svegliare, lo chiama e ordina che siano sull’istante spedite le regie patenti per rivestir lui del beneficio stesso chiesto poco avanti dall’indiscreto sollecitatore «disant qu’il vouloit en cet endroit faire trouver véritable le proverbe qui dit qu’à aucuns les biens viennent en dormant.» Tallemant des Réaux riporta lo stesso aneddoto, attribuendolo invece a Enrico III e fa anche il nome del fortunato dormiente.
Ma «il mondo è fatto a scale, chi le scende e chi le sale»: ossia per dirla con la quartina del Giusti:
528. Ma il libro di natura
Ha l’entrata e l’uscita:
Tocca a loro la vita,
E a noi la sepoltura.
529. .... A’ voli troppo alti e repentini
Sogliono i precipizj esser vicini.
530. Du sublime au ridicule il n’y a qu’un pas.2
frase attribuita a Napoleone I, il quale l’avrebbe ripetuta più volte, e più precisamente dopo il ritorno dalla Russia, a Varsavia, il 10 dicembre 1812, in un colloquio con l’ab. de Pradt. Ma Mar-