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[512-514] Fortuna, fato 155

mente non hanno mai saputo che cosa rispondere. Sembra che il nome di Apella non fosse infrequente fra i liberti ebrei del Trastevere; vedasi, inter alia, Cic. ad Fam., VII, 25: «Ne Apellæ quidera liberto tuo dixeris» e gli Atti degli Apostoli, VI, 9; e d’altra parte gli Ebrei erano ritenuti dai Romani come gente superstiziosa a cagione della loro religione. È quindi naturale che Orazio per indicare un individuo credulo, scegliesse un nome comune fra i Giudei. La vecchia etimologia della voce Apella, da a particella privativa e pellis, a indicare un circonciso, filologicamente non regge.



§ 32.



Fortuna, fato





512.                                      ..... Nel mondo
Sua ventura ha ciascun dal dì che nasce.

(Petrarca, Sonetto in morte di M. Laura, num. XXXV secondo il Marsand, comincia: Amor che meco al buon tempo ti stavi; ed. Mestica, son. CCLXII.).
perciò inutile è di lottare contro il destino:

513.   Ducunt volentem fata, nolentem trahunt.1

(L. Ann. Seneca, Epistolæ, ep. 107, 9).
(che talora si cita compendiosamente: Fata trahunt) e pur troppo sempre:

514.                  Fata viam invenient.2

Seneca, aveva convinto Nerone della inutilità di opporsi al fato, con queste parole, riportate da Dione Cassio nelle Istorie, (lib. LXI, cap. 18): Licet, quamplurimos occidas, tamen


  1. 513.   Guidano i fati chi li segue di buona voglia, trascinano gli altri.
  2. 514.   I fati troveranno la via (perchè si compia quel che deve accadere).