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[486] Fatti e avvenimenti storici 145

sono versi scritti nel 1849 alla vigilia della resa dell’eroica Venezia che dovè cedere alla fame e alla peste.

486.   Governo negazione di Dio.

Così si suole chiamare il governo Borbonico (e qualunque altro che a quello rassomigli), attribuendo la origine della frase all’illustre statista e pensatore inglese W. E. Gladstone. Infatti nella prima delle Two Letters to the Earl of Aberdeen on the state prosecutions of the Neapolitan Government (con la data del 7 aprile 1851), lettere che ebbero un’eco così profonda presso tutti gli onesti, sì da provocare anche una discolpa ufficiale del governo Borbonico, si legge, verso il principio, questo periodo: «The effect of all this is a total inversion of all the moral and social ideas. Law, instead of being respected, is odious. Force, and not affection, is the foundation of Government. There is no association, but a violent antagonism, between the idea of freedom and that of order. The governing power, which teaches of itself that it is the image of God upon earth, is clothed, in the view of the overwhelming majority of the thinking public, with all the vices for its attributes. I have seen and heard the strong and too true expression used, This is the negation of God erected into a system of Government.» Da cui si desume che Gladstone non fece che raccogliere un giudizio udito da lui in Napoli o da Napoletani, tanto è vero che in una nota egli lo riporta nella forma originale: È la negazione di Dio eretta a sistema di governo: ed anzi ho ragione di credere che la frase fosse veramente del suo intimo Giacomo Lacaita, di Manduria, poi senatore del Regno. Il compianto senatore B. Zumbini, in un articolo W. E. Gladstone nelle sue relazioni con l’Italia pubblicato nella Nuova Antologia, vol. CXLVII, 1° giugno 1910, scriveva (pag. 386) a tal proposito: «Ma è pur bene che io fin da qui avverta un errore di fatto, non avvertito forse mai da nessuno: ed è, che quella parola non fu foggiata dal medesimo Gladstone; non fu egli il primo a profferirla, come tutti credettero da quel giorno, e si è continuato poi sempre a credere sino ad oggi. No, egli la trovò in Napoli già bell’e fatta, e usata da napoletani stessi a significare l’orrore della tirannia onde erano oppressi». E le stesse parole ripeteva, senza alcun cambiamento, a pag. 6 del volume pubblicato quattro anni dopo con il titolo medesimo

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