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122 | Chi l’ha detto? | [418-420] |
418. C’est plus qu’un crime, c’est une faute.1
dovuto a Fouché, Ministro di Polizia sotto il Primo Impero, che lo disse a proposito della esecuzione del Duca d’Enghien, fucilato nella notte dal 20 al 21 marzo 1804. Egli stesso ne rivendicò la paternità nelle sue Memorie: «Je ne fus pas celui qui osa s’exprimer avec le moins de ménagement sur cet attentat contre le droit des nations et de l’humanité. C’est plus qu’un crime, dis-je, c’est une faute! paroles que je rapporte parce qu’elles ont été répétées et attribuées à d’autres.»
A questa frase si può avvicinare la seguente, che ha essa pure origine nella moderna storia politica di Francia:
419. Il n’y a plus une seule faute à commettre.2
dette da Thiers nella seduta del Corpo Legislativo del 14 marzo 1867, svolgendo una interpellanza «sur les affaires extérieures de la France, spécialement en ce qui concerne l’Allemagne et l’Italie». Il suo discorso concludeva così: «En finissant, messieurs, je vous en supplie, pour vous et pour le pays, rattachez-vous complètement à cette politique que j’appelle la politique du bon sens, car, je vous le déclare, il n’y a plus une seule faute à commettre» (Moniteur Universel, 15 mars 1867, pag. 295, col. 4).
L’errore nasce molte volte dalla insufficienza dei propositi. Facile è il nutrire delle buone intenzioni, ma
420. Hell is paved with good intentions.3
Questa frase è ricordata da Boswell nella vita ch’egli scrisse di Samuele Johnson, al cap. IX, come detta da lui in età senile; d’altra parte Walter Scott nel romanzo The Bride of Lammermoor (to. I, chap. 7) la cita come un detto di un teologo inglese, che non nomina, alludendo probabilmente a Georges Herbert, il quale negli Jacula prudentum (ediz. del 1651, pag. 11) la dà in questa forma: