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[390-392] | Donna, matrimonio | 115 |
a chiedere di potere scrivere sulla tomba di sua moglie i due versi francesi or ora citati, che gli piacevano tanto da non fargli comprendere come qualcuno potesse trovare sconveniente la epigrafe.
— «Vi assicuro, egli diceva, che mia moglie ne riderebbe come ne rido io. Era tanto allegra!» Vedendo che i suoi argomenti non riuscivano a smuovere la direzione dal suo rifiuto, propose una mezza misura, rassegnandosi a fare scrivere queste sole parole:
E si adirò sul serio quando gli fu detto che erano ancora sconvenienti e l’Enfin e i due punti ammirativi che lo mettevano in rilievo, e voleva ricorrere ai tribunali (Corriere della Sera, 4-5 novembre 1896).
Non c’è dubbio invece che il matrimonio ha del buono: per lo meno esso è sovente valvola di sicurezza contro i traviamenti del senso, secondo la sentenza del Vangelo:
390. Melius est nubere quam uri.1
Ma ci sono anche tanti guai! Anzi tutto, se si ascoltano alcuni scrittori, che cosa potrebbe esistere di più intollerabile di un legame da cui l’amore è fuggito? poichè, non ostante le restrizioni dell’autore, tutti ripetono che:
391. Il matrimonio è il sepolcro dell’amore; però, dell’amor pazzo, dell’amore sensuale.
Inoltre pericolosissimo scoglio fra tutti quelli che possono incontrarsi navigando per questo mare traditore, è lo scoglio delle coniugali infedeltà, benchè:
392. Peu en meurent, beaucoup en vivent.2