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106 | Chi l’ha detto? | [364] |
§ 23.
Donna, matrimonio
Oh che selva selvaggia è mai questa dove sto per cacciarmi! Questo solo paragrafo arrischierebbe di diventare un volume, s’io pretendessi di accogliervi solo il fiore di quello che prosatori e poeti hanno scritto sulle donne, sull’eterno femminino, come direbbe un gazzettiere con frase usata ed abusata, dacchè la creò il Goethe, invocando:
364. Das Ewigweibliche.1
nell’atto V del Faust, il quale si chiude con la redenzione di Faust, che sale al cielo salvato soprattutto dall’amore di Margherita. Il Chorus mysticus allora intuona un cantico, che finisce:
e con questo ha termine la mirabile tragedia.
Conviene dire che i più fra coloro che si valgono della frase eterno femminino, la citano, per così dire, a orecchio, poichè i commentatori hanno consumato molto e molto inchiostro per fissare bene il significato di essa. Udiamo quel che ne scrisse uno dei più geniali ed acuti nostri pensatori, Ruggero Bonghi, in un articolo Perchè la donna salva Faust? pubblicato nel Fanfulla della Domenica del 15 ottobre 1882, e poi nelle Horæ subcesivæ (Napoli, 1888), pag. 217:
«Nell’ultima scena appaiono più ombre o anime di donne: la magna peccatrix, la mulier Samaritana, Maria Ægyptiaca e sopra tutte s’innalza la Mater Gloriosa. Quelle domandano a questa che accordi a Fausto la grazia sua, a Fausto che s’è dimenticato una sol volta, che non sentiva d’errare; e la Mater Gloriosa, la Vergine Maria, dice a Margherita queste sole parole: “Vieni, levati a più alte sfere, egli ti sente, ti vien dietro.”
- ↑ 364. Il femminile eterno.