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[317-318] | Cose fisiche | 87 |
Una conquista importante della genialità umana, cioè la scoperta delle leggi meccaniche della leva, era stata magnificata molti secoli prima con una famosa frase:
317. Da ubi consistam, et terram cœlumque movebo.1
che è attribuita ad Archimede sull’autorità del geometra alessandrino Pappo. Questi nel frammentario libro VIII dei Collettanei matematici scrive: «Ad eandem demonstrandi rationem pertinet problema ut datum pondus a data potentia moveatur; hoc enim Archimedis est inventum mechanicum, quo exsultans dixisse fertur, da mihi, ubi consistam, et terram movebo.» Pappi Alex. Collectionis liber VIII, Propos. 10, § XI, ed. Hultsch, Berolini, 1878, vol. III, pag. 1060-1061). Ho citato la traduzione latina dell’Hultsch; il testo greco della frase attribuita ad Archimede è:
Chi poi abbia portato al testo originale le varianti del dettato comune, non saprei. Cfr. in Buchmann, pag. 457, due lezioni doriche della stessa frase, sull’autorità di Simplicius in Phys., pag. 424 a, ed. Brandis e di Tzetzes, ed. Kiessling, pag. 46.
È stato fatto il calcolo della leva che occorrerebbe per sollevare davvero la terra con un contrappeso di 200 libbre inglesi, il peso normale di un uomo; e si è trovato che, dato un punto d’appoggio a 3000 leghe dal centro della terra, l’altro braccio della leva dovrebbe essere lungo 12 quadriglioni di miglia, e la sua estremità muoversi con la velocità di una palla da cannone per potere smuovere la terra di un solo pollice in 29 bilioni d’anni (Fergusson, Astronomy explained). Per cui si è detto che Archimede era troppo buon matematico per aver espresso una eresia tale; ma non si vuole concedere nulla ai primi entusiasmi di un inventore?
Ecco altre due sentenze di filosofia naturale, che non è possibile scompagnare l’una dall’altra, benchè la prima sia uno strano e antico errore, l’altra una legge profonda di verità:
318. Natura abhorret vacuum.2