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xxxvi | Panzacchi, Tolstoj e Manzoni |
di chi legge a questa passione.... Concludo che l’amore è necessario a questo mondo; ma ve n’ha quanto basta e non fa mestieri che altri si dia la briga di coltivarlo; e che col coltivarlo non si fa altro che farlo nascere dove non fa bisogno. Vi hanno altri sentimenti dei quali il mondo ha bisogno e che uno scrittore, secondo le sue forze, può diffondere un po’ più negli animi,... ma dell’amore ve n’ha, facendo un calcolo moderato, seicento volte più di quello che sia necessario alla conservazione della nostra riverita specie. Io stimo dunque imprudente andarlo fomentando cogli scritti; e ne son tanto persuaso che se un bel giorno, per prodigio, mi venissero inspirate le pagine più eloquenti d’amore che un uomo abbia mai scritte, non piglierei la penna per metterne una linea sulla carta, tanto son certo che mi pentirei„.
Antonio Fogazzaro osserva a ragione1 che, con tale sentimento Alessandro Manzoni non avrebbe voluto essere l’autore del quinto Canto dell’Inferno; nè forse (aggiungo io) aver dipinti gli occhi della Madonna di San Sisto.
Quale sia la metafisica attualmente preferita da Leone Tolstoi intorno all’amore, io non starò qui ad esporre; nè indagherò come egli intenda ed applichi un famoso passo del Vangelo di san Matteo, che egli ha messo in fronte al suo ultimo romanzo. E fuori di dubbio che egli professa, in fatto d’amore, una opinione di pessimismo che
- ↑ Discorsi. “Una opinione di Alessandro Manzoni„. Edizione Cogliati. Milano, 1898.