Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
xxxiv | Panzacchi, Tolstoj e Manzoni |
avere di conforme e disforme da noi. Quanto a me (scriveva di lui lo Zola), col mio cervello latino, non posso comprendere quelle speculazioni metafisiche. Ora se tale incomunicabilità dell’ingegno latino e dell’ingegno slavo, affermata in senso così assoluto, è una esagerazione, non può negarsi nemmeno che tal volta dinanzi ai giudizi e ai sentimenti e alle configurazioni fantastiche di quei bravi iperborei, noi ci sentiamo attratti insieme e respinti, come dinanzi a delle grandi porte, socchiuse ma impenetrabili.
* * *
Quando vediamo che due forti intelletti si accordano sovra una tesi d’importanza capitale, collegata a un sistema generale di speculazioni, noi possiamo indurne con molta probabilità che la loro concordanza dovrà, più o meno, estendersi a tutto il sistema.
E questo parmi il caso di Manzoni e di Tolstoi nella tesi dell’amore, quale argomento di rappresentazioni artistiche. Quando il Bonghi, commemorando il Manzoni alla Biblioteca di Brera, ebbe fatto conoscere alcuni passi inediti tolti dal manoscritto dei Promessi Sposi, ove l’autore espone così argutamente le sue idee in proposito, lo stupore fu grande e i pareri molti; ma l’idea era troppo chiaramente espressa per ammettere dubbi e interpretazioni diverse. Confessa il Manzoni che nella prima formazione del suo romanzo abbondavano le vive descrizioni di