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L’opera di Wagner 165

era poco importante e che non avevo perduto molto a non sentirlo. Comunque, allorchè fui entrato, un attore era seduto sulla scena in una decorazione destinata a rappresentare una grotta, e che, secondo il consueto, produceva tanto minore illusione, quanto più abilmente era architettata. L’attore era in maglia, con una pelle a bisdosso, una parrucca e una barba finta; e con certe mani bianche e fine, che rivelavano il commediante, martellava una spada inverisimile con un martello impossibile, d’una foggia quale non ebbe mai nessun martello maneggiato da uomini; e nello stesso tempo, sgangherando la bocca in un modo non meno strano, cantava qualche cosa d’incomprensibile. Intanto l’orchestra intiera si scalmanava ad accompagnare i suoni bizzarri che uscivano dalla bocca di lui.

Il libretto mi fe’ sapere che quest’attore doveva rappresentare un gnomo potente, che viveva in una caverna e fabbricava una spada per Siegfried, il giovinetto che egli aveva allevato. E appunto avevo indovinato che esso rappresentava un gnomo, perchè, camminando, non mancava mai di piegar le ginocchia per rimpicciolirsi. Il gnomo, spalancando sempre la bocca nella medesima guisa stra-