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L’arte degli eletti 85

cavare alcun profitto dalla nostra arte, e non l'intenderà punto; e ciò che gli riuscirà intelligibile non sarà tale da innalzare il suo animo, ma sì da guastarlo. Per uno che pensi, e voglia essere sincero, non v’ha dubbio che l’arte delle classi più elevate non può diventar quella di tutta la nazione. Ora se l’arte ha l’importanza che le si attribuisce, se come si compiacciono di dire i suoi divoti, uguaglia in importanza la religione, dovrebbe essere accessibile a tutti. E poichè oggi non è tale, è forza dire che o l’arte non ha l’importanza che si pretende, o che la nostra così detta arte non è l’arte vera.

Codesto dilemma è inevitabile, epperò taluni, scaltri e immorali a un tempo, cercano di eluderlo negando formalmente che il volgo abbia diritto a fruire dell’arte. Costoro con perfetta impudenza proclamano, che ad assaporare le gioie dell’arte sono ammessi solo i begl’ingegni, gli eletti, anzi i superuomini, per dirla col Nietzsche; e tutti gli altri uomini, gregge abbietto e incapace di gustare quelle gioie, devono contentarsi di prepararle per quegli esseri supremi.

Questa affermazione offre, se non altro, il vantaggio di non voler conciliare l’inconciliabile, e di ammettere apertamente che la no-