persistenza della nostra arte a impantanarsi nella sua cattiva strada, tutto ciò derivò da quest’affermazione generalmente ammessa, nonostante la sua assurdità, che l’arte delle nostre classi elevate è tutta l’arte, l’arte vera, la sola arte, l’arte universale. Mentre noi sosteniamo che ha solamente valore l’arte che ci appartiene, i due terzi del genere umano vivono e muoiono senza sospettare nulla di quest’arte unica e suprema. E anche in questa nostra società cristiana ne godrà forse un uomo su cento; gli altri novantanove vivono e muoiono di generazione in generazione, oppressi dal lavoro, senza fruire mai della nostra arte; essa del resto è tale, che, quand’anche potessero accedervi, non la intenderebbero. Si potrà rispondere che se al presente non fruiscono tutti dell’arte esistente, ciò non dipende da questa, ma dal cattivo organismo della nostra società, e che il futuro ci permette di sperare uno stato di cose, in cui il lavoro materiale sia in parte compiuto dalle macchine, in parte alleggerito da una distribuzione più equa. Allora nessuno sarà più costretto a rimaner tutta la vita dietro le quinte per muovere i scenari, o a sonare il corno nell’orchestra, o a stampare dei libri; le persone addette a tali servizi non ci lavo-