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vi | Panzacchi, Tolstoj e Manzoni |
temente ribadita la condanna dell’arte contemporanea.
“Un giorno„, raccontava l’autore nel suo volume tradotto nel 1896, “mi venne mostrato da un pittore celebre un suo quadro rappresentante una processione. Ogni cosa vi era mirabilmente rappresentata; ma non appariva dal dipinto alcun sentimento dell’autore verso il proprio soggetto. Gli domandai:
— Dunque voi considerate le processioni come utili?
— Il pittore, avendo l’aria di compatire alla mia ingenuità, mi rispose che di questo non s’era occupato mai. Egli badava unicamente a dipingere la vita.
— Ma voi avrete almeno l’idea del vostro soggetto?
— Non ne so niente!
— Allora voi odiate queste cerimonie religiose?
— Nè le amo nè le odio....
E la risposta fu accompagnata da un vero sorriso di compassione. Io facevo semplicemente la figura di uno sciocco, davanti a questo artista moderno di alta fama, che dipinge la vita senza intendere, senza amare e senza odiare le manifestazioni della vita che trasceglie per il suo lavoro.„
E Leone Tolstoi ne concludeva che questa è la grande colpa da cui derivano le grandi miserie dell’arte del nostro tempo. Gli artisti tutti: pittori, scultori, poeti lirici, poeti drammatici, romanzieri, non trattano un argomento perchè