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XII

in quelle sedici carte, e avevano i titoli sopra riferiti. Quantunque nelle stanze fossero cassature, non le credetti di mano propria dell’autore; il quale deve aver composto subito dopo al Sacco il suo poemetto, cioè prima che Giovanni Medici diventasse papa Leone: che non avrebbe passata in silenzio la troppo fausta circostanza, pallesco com’era, e inclinato a celebrare il «dolce pastore» de’ Pratesi. Ma pratese non era, dicendo:

Se oggi Prato sente un tale scorno,
Potre’ toccare a noi un altro giorno.

La Canzona era scritta della stessa mano; e io la credo del medesimo autore, notando che le strofe come le stanze si chiudono con un detto sentenziose.


Il miserando Sacco di Prato, cantato in terza rima, è di uno Stefano de’ Guizzalotti o Guazzalotti,