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delle speranze d’italia |
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si pattuisse e giurasse che il papa sarebbe presidente, il papa noi sarebbe; anzi sarebbe meno indipendente, meno principe, in men buona situazione di papa che non è ora. E così d’ogni altro principe che fosse bonario tanto da accettare un nome, un’impostura di presidenza. Ma il fatto sta che nemmeno il nome non sarebbe conceduto dalla potenza straniera a nessun altro se non a sè; ch’ella surrogherebbe titolo, grado ed effettività di presidente; che n’avrebbe buon pretesto dalla superiorità di sua potenza; e che quando mancassero ragioni, pretesti o patti, verrebbe la forza a decidere o la questione in generale o le questioni eventuali quotidiane; che in somma d’un modo o d’un altro ella la potenza straniera sarebbe prima, sarebbe prepotente, sarebbe tutto. E così pure senza gran diversità se s’immaginasse di non avere presidente, se si pattuisse una diplomatica eguaglianza o reciprocità; questa diventerebbe in breve ciò che sogliono le eguaglianze pattuite, ma non reali, le perfette reciprocità in diplomazia; parole, finzioni legali, cerimonie, e non più. — E quindi, se non si volesse supporre che si perdesse il senno dai principi italiani, e da tutti i lor ministri e consiglieri, non è possibile ch’essi si riducan mai a tal errore, a tal viltà, di farsi volontariamente così, più dipendenti, più servi che non sono.