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delle speranze d’italia |
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ri, ma gli autori delle opere grandi; quella è, in ogni cosa, imitazione sempre servile, questa sola talora grande. — Del resto noi crediamo, che nè il sommo pontefice il quale regna ora con quel nome ben augurato de’ Gregori, nè i successori di lui, nè i buoni e sodi servitori di essi, non desiderano nè desidereranno mai più siffatte presidenze; come i sodi Italiani non desiderano all’Italia quel gran primato, che pur fu, ma non può esser più nemmen esso, in niun futuro prevedibile. Non sono più i tempi delle dispute d’Egemonia fra quelle repubblichette greche in cui era raccolto tutto il fior d’una nuova e stretta civiltà; non più i tempi delle dispute d’imperio tra Roma e Cartagine, che si dividevano quella civiltà cresciuta e pur limitata ancora; non più i tempi delle contese tra la monarchia universale affettata dagli imperatori germanici, e la monarchia ecclesiastica tenuta dai papi; non più i tempi che una sola nazione cristiana raccoglieva in sè quasi tutta la cristiana civiltà, è ne teneva quindi incontrastabilmente il primato; non più tempo nemmeno delle guerre che si chiamavan d’equilibrio e furono di preponderanza europea tra Francia e Spagna, Francia ed Austria, Francia ed Inghilterra. Ora son tempi felicemente diversi; ora è forse men sogno sperare una indipendenza universale, una guarentigia reciproca di tutti gli