Pagina:Cesare Balbo - Delle speranze d'Italia.djvu/28

xxii dedica seconda

Aronne il gran Sacerdote, che s’eran tenuti fermi contro à quelle prime dubitazioni, dubitarono una volta della Provvidenza divina; ne dubitarono un sol momento, e così tacitamente che non è nemmeno chiaramente espresso nella Storia! E Duce e gran Sacerdote trassero pure contro a sè la medesima riprovazione: «Perchè non fidaste tanto a Me da santificarmi dinnanzi ai figli d’Israello, non introdurrete voi questi popoli nella terra ch’io darò loro1». — L’esempio mi sarà scusato naturalmente, non solo da voi sacerdote, a cui mi rivolgo, ma da tutti que’ leggitori i quali pur credono duri quella medesima Provvidenza; e quanto agli altri è inutile, ch’io mi scusi; siamo troppo discosti per intenderci mai.

E ritorno ai nostri tempi, alla patria. Cinquanta e più anni fa si progrediva, si mutava troppo lentamente (a parer mio), ma in somma moderatamente in Italia. È fatto a cui mi son riferito parecchie volte, e che è ad ogni modo incontrastabile a chiunque abbia qualche memoria o lettura del secolo scorso. Di fuori ci vennero le due parti estreme, del tutto mutare, e del tutto conservare; nativa Italiana è la sola parte moderata; e ciò è naturale perchè l’Italia è antica, è la primogenita tra le nazioni moderne in

  1. Num. XX, 12.