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delle speranze d'italia |
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ni, non sarebb’egli forse chiamando stranieri, i quali procurerebbero l’unione impossibile tra noi soli? Posto fuori un centro qualunque, un punto di convegno, non vi si riannoderebbe egli ciascuno? S’io credessi buono tal convegno, sarei il primo a confortarvi i miei compatriotti; per l’impresa d’indipendenza non è a fuggir niuna speranza che non sia colpevole. Ma non è speranza buona nemmen questa. Qui si versa più piena la facondia del Gioberti. E noi stessi ricordammo testè i danni di tutte quelle chiamate, di Greci contra Goti, Longobardi contra Greci, Franchi contra Longobardi, Tedeschi contra Franchi; un re Francese ed uno Spagnuolo invano chiamati, i Tedeschi chiamati e venutile fra questi una casa opposta all’altra, parenti a parenti, talora figli a padri; ed Angioini contra Svevi, Aragonesi contra Angioini, Francesi contra Aragonesi, Austriaci contra Francesi, Francesi contra Austriaci ripetutamente, senz’altro frutto che di servitù mutate, pessime delle servitù. — Ma, io intendo venire, deh si tolleri, a recente e maggior vergogna. In tutta quella lunga serie di chiamate antiche non è se non una rimasta inesaudita; salvo quella, i chiamati venner sempre. All’incontro, negli ultimi anni, dal 1815 in poi, già son parecchie chiamate italiane, a cui non fu dato retta. Ondechè, se elle si dovean già fuggire per le due