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112 delle speranze d'italia

Questa era in Germania; epperciò la congiura riuscì e diventò rivoluzione. Ma in Italia è tutt’all’opposto. Ei può rincrescere ma così è: la tirannia non v’è. Sugli Stati italiani non è se non preponderanza, grado infimo di oppressione; la quale sì fa sentir più a’ governanti che a governati; più nell’impedire il bene che in procacciar mali. Il popolo, la plebe de’ Principati italiani che come ogni plebe ha a pensare alla vita quotidiana, non pensa al popolo delle province straniere; e gli uomini colti e pensanti pensano a non perdere l’indipendenza qual ch’ella sia che pur han: no essi, prima che a darla ai fratelli; pensano, e non si può dir che faccian male, ai doveri presenti verso il Principe, verso lo Stato proprio; primachè ai doveri eventuali verso i sudditi altrui. E tanto più che nemmen questi non vi pensan tutti. Io credo bene che colà gli uomini di coltura e pensiero, pensino la vergogna della soggezione, la miseria della inoperosità, il danno de’ vizi fomentati dallo straniero; ma nemmen là tutto ciò non si fa sentire al popolo intiero, al volgo basso od alto, a cui non sono impediti nè i bisogni nè i piaceri quotidiani. Virtù e vizii di quel governo concorrono là alla quietudine. Giustizia civile e criminale, amministrazione, strade, imprese pubbliche, stabilimenti di beneficenza, interessi privati, studi elementari, tutto il