Pagina:Cesare Balbo - Delle speranze d'Italia.djvu/132

100 DELLE SPERANZE D'ITALIA

per una serie indeterminata di tempi e di fatti, e che si può quindi chiamare futuro imprevedibile. E questo è quello di che abusano i sognatori, tutti coloro che immaginano cose nuove impossibili ad effettuarsi, o cose antiche impossibili a restaurarsi. Non serve dimostrare a costoro le improbabilità. Con ostinatezza che scambiano per costanza ei ti rispondono sempre i medesimi «chi sa? Verrà un giorno. Non bisogna disperare». Non è da discorrer con costoro, nè con nessuno del futuro imprevedibile. Nè è per tal futuro o per le poche speranze implicate in esso che si vuole adempiere niun dovere; ma per il dovere nudo, avvengane che può. Quando l'impresa d'indipendenza durata XIII secoli avesse a durarne altri XIII, o XXVI, o infiniti, senza compiersi, ella dovrebbe pur proseguirsi senza speranza; perchè dovere d'ogni nazione; perchè val più una nazione che prosegua quell'impresa tra una servitù interminabile, che non una che alla servitù si adatti, che se ne consoli. E detto ciò a tal nazione sarebbe detto tutto.

3. Ma ei vi ha detto, grazie al Cielo, un altro futuro, un futuro prevedibile per l'Italia. Il quale è per vero dire incerto, anch'esso, come è ad ogni uomo ogni ora, ogni momento, oltre il presente, ma a cui più o meno vicino arrivano pure le conseguenze dei fatti presenti, arrivano le deduzioni