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capo settimo 97

aiutano pur da sè i popoli italiani; non solamente secondando e chiamando tutti que’ progressi di

    ficcar critiche fuor del proposito, che mi par solamente perdonabile ai libri scritti a dispetto delle censure.
    3.° Perchè questi errori o colpe, quali che sieno, possono bensì mutare l’epoca d’adempimento, ma non le conchiusioni generali dalle speranze da me presentate; non fanno per esempio che questo nostro secolo xix somigli o tenda a un nuovo Seicento; non fanno che non siasi ripreso il progresso del secolo xviii; non fanno che non bisogni dunque spignere, pressar questo, ed aiutarvi i principi nostri.
    4.° Perchè, se avessi scelto fra quegli errori o colpe, e avessi rammentate quelle d’un principe tralasciando quelle d’un altro, ciò non sarebbemi partito nè bello nè giusto.
    5.° Perchè se le avessi messe tutte, ei mi si sarebbe potuto rispondere troppo facilmente coll’osservazione, che queste colpe de’ governanti procedono talora da altre de’ governati, e che questi vi ebbero sovente l’iniziativa.
    6.° E perchè dunque, ed insomma, e principalmente questo modo di scrivere o dentro o fuori, o dove che sia, m’avrebbe fatto servire a quelle recriminazioni, a quell’ire reciproche, a quelle divisioni le quali fu, è e sarà scopo mio tor di mezzo, o almeno scemare, a tutta possa mia, finch’io scriva o parli. — Io volli andar avanti, o almeno mutar modi; n’ebbi, n’ho la pretensione, il confesso; questi rifrugamenti di torti reciproci m’avrebbon ricacciato nel modo retrogrado, o almeno vecchio. Io non mi vi lasciai trarre; ne ringrazio Iddio. Non mi vi lascerò, ne lo prego. Ognuno a modo suo. Facciano altri ciò che non voglio far io.

    Nota della seconda edizione.