84 |
delle speranze d’italia |
|
Filiberto è senza riserva ammirabile poi fin dal domani del trattato. Appoggiandosi da quel dì a Francia contro a Spagna, non puerilmente o poeticamente nemico, ma politicamente e secondo utilità or avversario or alleato d’ogni straniero, subito intese la nuova situazione di sua casa; subito ne fondò la politica; la naturale, la inevitabile, la giustissima politica di giovarsi, tra due vicini sovente prepotenti, di quello che fa meno prepotenze in ciascuna occasione; e per ciò, per poter offerire quinci un alleato quindi un avversario valutabile, tener sull’armi unito, tranquillo e quanto può felice, il popol suo. Del resto, il maggior esempio, Ohe lasciasse Emmanuel Filiberto a’ successori fu quello di far italiana la sua potenza. Fino a lui que principi s’eran tenuti come a cavallo dell’Alpi; egli posesi di qua, dimorò nella italianissima Torino, stanziovvi la corte e il governo, fortificolla e incamminolla a gran città, gran capitale; intendendo subito e molto bene (all’incontro di alcuni moderni) che negli Stati italiani più che negli altri, la capitale è quasi tutto. Così pure chiamò letterati e incamminò lettere italiane in quella terra sua, che fu creduta gran tempo Beozia, ed era piuttosto Macedonia nostra. Nel che e nel resto fu imitato poi da ciascuno de’ successori più o men bene, secondo le capacità. Ma non è vero che questi tenessero