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PREFAZIONE
«Cento vedute di Firenze antica» è un titolo breve, che dice in sostanza il contenuto del volume, ma non lo definisce con tutta precisione. Nel seicento, quando nei frontespizi dei libri si mettevano sino trenta o quaranta righe, e ad ogni nome di cosa o di persona si faceva seguire un superbo codazzo d’aggettivi e d’epiteti, questo volume sarebbe stato forse intitolato: «Prospettive, varie e dimostrative, di Firenze antica e vecchia, abbattuta, trasformata, alterata, in alcune sue parti imbellita, ma in troppe altre nobilissime malmenata e rovinata». Solo in questo modo il frontespizio avrebbe detta la verità intera, ma sarebbe riuscito troppo lungo e fuor d’ogni eleganza tipografica e dell’uso odierno.
Verità intera, nullostante tutte le scuse e le giustificazioni che si sogliono accampare in nome dell’igiene, del movimento e di tutte le altre cose terribili e più ostili all’arte, che si riassumono nelle quattro parole «esigenze della vita moderna». Perchè è chiaro che i fanatici dei più fulminei mezzi di transito, dalle brutte tranvie elettriche alle automobili assordanti e ammorbanti, per non trovare ostacoli alla loro furia deambulatoria abbatterebbero le più belle viuzze e i più bei monumenti del mondo. E poi tra le «esigenze della vita moderna» sono da mettere anche le speculazioni degl’intraprenditori, i quali pensano che, a fare soltanto, non si guadagna quanto a disfare e a rifare. A che scopo, infatti, demolire in-