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xxviii | prefazione. |
romano omise di tradurre l’ultima parte dove egli pretende di rivendicare all’Italia l’onore di avere scoperto la pittura a olio, siccome invenzione ingiustamente attribuita a Giovanni Van-Eyk. Il signor Mottez non stimò utile di dar luogo a tutta quella discussione, perchè essa non ha nulla che fare con lo scopo dell’opera di Cennino, che è quello di richiamare l’attenzione altrui intorno ai modi per i quali gli antichi maestri hanno potuto condurre quelle grandi opere che sono la maraviglia nostra. La pittura a olio, sia o no inventata dagl’Italiani, certamente ha prodotto assai capolavori; ma il Mottez crede che essa abbia distrutto la pittura monumentale, non tanto con l’introdurre il gusto e la moda delle cose piccole, quanto ancora col rendere il lavoro così lungo e uggioso e non atto ad una impresa grande.
Se gli antichi pittori non avessero avuto nell’in fresco il modo semplice, pronto e spedito di operare le loro pitture (continua egli), come avrebbero potuto condurre tanti e così vasti lavori? e i privati e i comuni d’Italia come avrebbero potuto fare così magnifiche cose d’arte, che le grandi monarchie oggidì non potrebbero? Infine, la questione della pittura a olio non ha importanza per noi. Se gli antichi maestri han prescelto l’in fresco e la tempera, i monumenti superstiti testimoniano che ebbero ragione, e il libro del Cennino prova che essi nol fecero per ignoranza.
Il traduttore francese ha conservato anche le note dell’editore italiano; ma qui e là vi ha fatto delle aggiunte, e ve ne ha posta qualcuna delle nuove; fra le quali è da considerare quella che è a pag. 71, dove il Mottez (ch’è pittore), prende a dimostrare, come col solo libro del Cennini, senz’altra guida, egli a Parigi abbia potuto condurre delle