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nell’acqua. Rimenala con un’assicella a due mani, con un poca di calcina viva: mettila tra un’asse e un’altra; e poi le conmette e attacca bene insieme l’una coll’altra. E questo ti basti al fare di più maniere colle.


Capitolo CXIII.

Come si dee incominciare a lavorare in tavola, o vero in ancone.


Ora vegniamo al fatto del lavorare in ancona, o vero in tavola. Prima vuol essere l’ancona lavorata di un legname che si chiama arbero o vero povolare, che sia ben gentile, o tiglio, o saligaro. E poi abbi il corpo dell’ancona, cioè i piani; e procura, se v’è groppi magagnanti, o se l’asse fusse niente unta, fa’ tagliare tanto dell’asse che l’untume vada via; chè mai non ti potrei dare altro rimedio.

Fa’ che il legname sia ben secco; e se fusse figure di legname o foglie, che le potessi far bollire in caldaia con acqua chiara, mai quel legname non ti farebbe cattiveria di sfenditure.

Ritorniamo pure ai groppi, o ver nodi, e altre magagne che avesse il piano della tavola. Togli colla di spicchi forte, tanto che un migliuolo o ver bicchiere di acqua faccia scaldare e bollire due spicchi in uno pignattello, netto d’unto. Poi abbi in una scodella segatura di legname intrisa di questa colla; empine i difetti de’ nodi, e ripiana con una stecca di legno, e lasciala seccare. Poi con una punta di coltellino radi, che torni gualiva all’altro piano. Va’ ancora procurando se v’è chiovi1 o ferro o punta di ferro che avanzasse il piano, sbattilo bene dentro infra l’asse. Abbi poi colla con pez-

  1. Così il Riccardiano. Il Laurenziano e la stampa romana, occhio.

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