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del Cimento, che nel loro insieme abbracciano 333 volumi, paionmi di per sè bastanti a costituire una collezione tale di manoscritti, di cui ben poche biblioteche in Europa possono vantare altrettanto.

E per finirla coi manoscritti, dirò come ve ne ha oltre a 100 di greci, altrettanti nelle lingue araba e ebraica, 4500 latini; che oltre a 10mila ammontano le lettere scritte di proprio pugno o firmate da uomini illustri. Speciale poi a Firenze è la collezione dei codici musicati; ed è doveroso che sia così, perchè tra noi risorse quell’arte. Ravvivata da Guido Aretino che la ridusse a scienza ed inventò le note musicali, dal secolo XI fino ai tempi di Vincenzo Galilei, padre del gran Galileo, immenso è il numero dei maestri pratici e dei compositori; fra i quali andarono famosi fra i nostri, Giovanni da Cascia detto ancor da Firenze, Ser Gherardello, un Lorenzo, Donato monaco benedettino, Paolo abate, Francesco Landini detto il Cieco, maestro Andrea e Giovanni organisti, Antonio Squarcialupi. Dopo i tempi del Galilei, van