Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Dopo il festino.
È sazio, cupo, solo. Con la bruma
del sonno una tristezza maliarda
scende. L’ultima face par che arda
sovra una bara: muor torbida e fuma.
S’accosta alla finestra. È l’alba. Guarda.
Rinasce il mondo sempre? Si consuma
la gioventù, la voluttà, la spuma
della vita, e più nulla... Or che più tarda?
E lentamente una figura scialba
ondula emersa da la nebbia rara.
«Sempre più triste, a che, importuna, torni?
È troppo tardi per mutar miei giorni!
è troppo tardi, o importuna e cara,
che a notte affogo e che risorgi a l’alba!»
— 55 — |