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Estr. dalle Letture di Famiglia

Febbraio, 1864. - T. XV.


C E C I L I A




Racconto.


I.


Come bello e ridente si presenta ai nostri sguardi l’avvenire, quando nella dolce casa paterna, circondati dalle più tenere cure della famiglia, immaginiamo colla vivace fantasia una vita di continui godimenti, dei quali non sappiamo ideare la fine! E la rimembranza di quegli anni sì belli ci accompagna poi sempre col volgere del tempo, e siccome cara visione, consola il cuore oppresso e sconfortato dalle triste vicende del mondo.

Quanto invece dolorosa e muta di ogni gioja trascorre quella beata età giovanile, allorchè privi delle più care affezioni della terra, costretti talvolta a vivere sotto un tetto non nostro, non troviamo un animo gentile che comprenda e compianga i nostri affanni, non una mano pietosa che asciughi le lacrime premule da profondo dolore!

E tale sventura era toccata a Cecilia, giovanetta di circa 18 anni, a cui natura, mentre avea concessa indole affettuosa e sensibile e ornato il volto di delicata bellezza, avea però negate le ineffabili dolcezze dei damestici affetti. Ella era costretta a vivere in una famiglia di contadini a dieci miglia di distanza da Firenze. Tolta da fanciulletta all’Ospizio degl’Innocenti, ella aveva passata la prima età in un’altra famiglia di coloni nel Casentino; poi colpita da una grave malattia era stata riportata dal capoccia della famiglia nel pio ricovero, dove a poco a poco aveva riacquistato la perduta salute. Ora da sei mesi ella si ri-