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gli abitanti di questa obbligati a pagare agli abitanti di quella Valle non solo la solita razione di soldi cinque, ma pure tre parpaiole al giorno per l’alloggiamento di ciascuno de’ novanta sei soldati già alloggiati in Vigezzo. Qual giustizia fosse questa noi non lo sappiamo. Certi ben siamo che ì Consoli di quei tempi non la chiamarono tale, e che anzi altamente protestarono, essere siffatto ordine ingiusto, contrario ai privilegii della Valle, contrario alla pratica sin qui ricevuta, contrario alla sana ragione. Nessuno, esclamavano, non ha mai pagati i soldati alloggiati nelle nostre terre, e perché noi dovremo pagare i soldati che alloggiano nelle terre degli altri? Invano però avanzavansi preci e proteste; alle rappresentanze rispondevasi coll'invio di un Commissario nella Valle per obbligare i pubblici Vigezzini a tale pagamento, ed in caso di renitenza, diceva la patente di cui era munito, si farà fare l’opportuna esecuzione nelle bestie, ed altro di qualsivoglia particolare di detta valle di Vigezzo per la somma che effettualmente sarà debitrice, et quelle farà metter all’osteria per venderle al pubblico incanto, ecc. ecc. Ognun vede adunque, che non restava ai Vigezzini altro espediente, se non volevano vedere le loro bestie all’osteria, che pagare, e dalli 5 marzo alli 4 agosto 1631 effettivamente pagavano alla compagnia alloggiata in val Cuvio l’egregia somma di L. 9340 imperiali. E Dio volesse che a questa somma si fossero limitate le estorsioni! La Spagnuola soldatesca portavasi nella pieve di Legiuno, ed alle pieve dì Legiuno, per comando del Conte Giovanni Serbelloni Commissario Generale degli eserciti, come alla vai Cuvio, conveniva pagare la solita contribuzione di soldi dodici e mezzo al giorno per ciascun soldato; a talché protratta, interrottamente però, dalli 4 agosto 1631 alla fine del 1632, assorbiva la totale di L. 9030. Riclamarono di nuovo gli uomini di Vigezzo: Non ostante, dicevano, che la valle