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havvi di riprovevole, ed erroneo nell’agricoltura della valle Vigezzo, lunga non meno che inutil cosa sarebbe. Il perchè ci limiteremo pel bene della nostra patria terra ad alcuni cardinali punti, sperando che in un modo, o nell’altro perverranno all’orecchio delle nostre contadine, e saranno dalle medesime seriamente meditati.

Le terre aratorie anche le più fertili hanno bisogno di riposo; e riposo ogni due, o tre anni lor si concede ovunque l’agricoltura non è bambina. All’opposto in Vigezzo non havvi mai tregua. Appena raccolta la segala si semina il saraceno, e questo si taglia per seminare di nuovo quella. Per tal modo una terra già magra, già poverissima di sali vegetabili si esaurisce del tutto e si finisce con ricavar niente per volere troppo ricavare. Si aggiunge anche che il grano saraceno ritarda la seminazione della segala, la quale colta poi, appena nata, dal gelo, perisce durante il lungo inverno, come un fanciullo perirebbe abbandonato fra mezzo alle nevi. Si aggiunge pure che il saraceno viene quasi sempre distrutto dalle brine, e che il più degli anni non solo si stanca inutilmente la terra, ma si getta la semente, e l’opera. Le donne Vigezzine dovrebbero una volta persuadersi che una doppia ricolta non è pel suolo di Vigezzo, e che le terre vogliono riposo, vogliono tregua per essere produttive. Si abbandoni una volta la coltura del saraceno, in un novennio più spendiosa, che utile, e si lascino le terre aratorie ogni due, o tre anni del tutto vuote, se si vuole che esse siano fertili, almeno per quanto il comporta la situazione.

La meliga, ci si dice tutto giorno, non fa bene in valle Vigezzo, ma non si bada che gli esperimenti fatti non furono condotti come richiede la coltura di questo grano. Come può egli produrre, se si semina folto, folto come il miglio; se s’ingombra il suolo con altre seminagioni; se si