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scudi che erano larghi, ed indi lasciandosi andare si calarono da quelle eminenze giù per lo chino, che era di una discesa lubrica e precipitosa, e dov'erano pendii liscii d'immensa estensione. Quando venuti furono ad accamparsi da presso, ed esaminato ebbero l'alveo del fiume, cominciarono a volerlo riempire, e tagliando quindi, come nuovi giganti, i poggi al dintorno strascinaron nel fiume e piante sbarbicate, e rupi divette, e rilievi di terra, onde a restringer venian la corrente e mandavan giù grosse moli , contro i sostegni che reggevano il ponte, le quali tratte a seconda della corrente medesima, con gli urti, e con le percosse loro il crollavano (1). I Romani intimoriti fuggirono, ed i barbari, assalito il forte, che era al di là dell'Atisone, il presero.

Da tale racconto impariamo da prima che i Cimbri passarono le Alpi non per una sola, ma per molle strade, dappoiché Catulo ritirossi per non separare l'esercito in tante parti onde difenderle tutte: impariamo poi che i barbari giungevano alle sponde del fiume venendo dall'alto; che queste sponde erano contornate da boschi, da rupi, da monti, come succede del fiume Toce; che trovavansi alla sponda opposta del forte, che era al di là dell'Atisone, il qual forte non poteva esser certamente che quello detto di Matarella; che infine, e per conseguenza erano alla sponda sinistra della Toce. Ora tutti questi argomenti lasciano fondatamente presumere che i Cimbri arrivassero al fiume Ossolano sboccando principalmente per la valle Vigezzo. E di fatto abbiamo veduto che procedendo dalle valli Divedro ed Antigono si arriva alla destra, e non alla sinistra sponda, e si arriva poi per una via piana e non per discese lubriche e considerevoli, come succede a chi viene da Vigezzo. D'altronde non è a supporsi che i Cimbri separati dai Teutoni per dirigersi più al nord, volessero ritor-

  1. Plutarco, Vita di Caio Mario, Traduz. del Pompei.