Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
la poesia di catullo. | 81 |
Giova ripeterlo: veduto da questo lato Catullo è il più originale dei poeti latini: gli altri qual più, qual meno, sono vesti; Catullo è un’anima.
VI.
Talvolta, bisogna convenirne, egli trascura l’uomo per pensare al poeta; ricorda i suoi bravi studii sui Greci, e si tiene in dovere di lardellare d’erudizione le sue bagattelle, nugas, com’ei le chiama.
Sin da giovanetto egli ha scritto dei poemi, che tengono dell’elegia, dell’epitalamio, dell’epistola e della epopea, e d’ogni cosa insieme; il gran Battiade, come egli chiama Callimaco, gli torna a mente; egli imita, interpola, traduce, senz’avvedersene, inventa nuovi metri, compone parole alla greca, dà alla sua lingua una flessibilità, una delicatezza fino allora non conosciuta; ma Catullo non è là, o almeno non è tutto là: il gran Catullo doventa il piccolo Callimaco. Ben è vero, che suoi epitalamii gli guadagneranno il titolo di dotto fra i contemporanei, godranno d’una retorica celebrità per le scuole, tutti i padri Soave del mondo andranno in solluchero alla lettura di quegli aurei componimenti, grandi e piccini si proveranno a tradurli nella propria lingua; ma, a parer mio, il Catullo che ruzza ed ama e s’arrabbia e si dispera, vale assai più di quell’altro che intuona con omerica gravità:
Peliaco quondam prognatæ vertice pinus. |
In questi medesimi carmi, che son da tenere in conto di esercizii giovanili sui classici greci, l’indolein-