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gran bella figura nella Curia, nei rostri, era l’onore della repubblica! Pare impossibile! egli tanto giovane, tanto sano, tanto robusto, rapito improvvisamente a tutti i buoni, all’universale città! Eh! gatta ci cova! Quella strega di Clodia gli ha somministrato qualcuno dei suoi filtri! Clitennestra da un quattrino!1 Le male lingue dicevano così. Clodia non se ne diè neppure per intesa. Che ella desiderasse levarsi di torno il marito, è probabile; ma che l’abbia avvelenato lei, questo davvero non fu mai provato. Non ch’io la voglia riabilitare, badiamo: è una gloria codesta, che lascio volentieri a Dumas figlio e suoi raschiatori; ma io vorrei, che a questa gravissima accusa, che Cicerone le scaglia, si levasse almeno la tara. Marco Tullio era nemico giurato di Casa Clodia. Sesto gli avea fatto diroccare la casa, e incendiare quella del fratello; Publio gli avea fatti non pochi torti; le sue accuse però son sospette: tirava brace alla sua focaccia.

Comunque sia, quando la Clodia si levò di fra’ piedi quel tipo del suo marito s’abbandonò pazzamente a ogni sorta di mollezze, di amori, di stravizi. Il suo giardino al Tevere divenne il convegno di tutti i giovanotti di Roma; la sua casa poco men che pubblica. Canti, danze, musiche; scampagnate, conviti, passeggiate in barca, bagni, gozzoviglie, amori, libidini d’ogni maniera; un’orgia, un baccanale, un delirio. Gli amanti si succedono a giornate, a ore; si combattono, si straziano, si vilipendono fra di loro, e Catullo in mezzo a tutti, ora primo, ora ultimo; or dispregiato, ordispre-

  1. Cicer., Oras. cit., XXIV; C. Rufus, apud Quintil., VIII, 6; Plutarco, in Cicerone.