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condo attesta Servio,1 ma piuttosto, come io credo, da utor, essendo noto che l’usus era uno dei tre modi, per cui la moglie veniva in potestà del marito. L’uomo al contrario è mas, da Mars, Dio della fortezza; è vir, da vis, la forza; ha il dominium quiritarium sui figli, i quali non sono altro, che res mancipi, quae venundari, mancipari, vindicarique possunt.2 Il matrimonio non è che una conjunctio maris et fæminæ; non già l’unione di due anime, ma di due sessi; il vincolo personale non è un fine, ma un mezzo. La donna una proprietà, che dalle mani del padre o del tutore passa a quelle del marito; diviene sui juris, ma come per irrisione; resta in perpetua tutela, sotto la vigilanza degli agnati; non ha potestà alcuna sui figli, nessuno esercizio di diritti; è principio e fine della sua famiglia: familiæ suæ et caput et finis, come dice Ulpiano.3 Vuol passare in potestà altrui? Il tutore gliel’impedisce.4 Ha la fortuna di una vistosa eredità? La legge Voconia la limita nelle successioni.5 Vuol partecipare a un’impresa di commercio o d’industria? Non ne ha il diritto.6 Viene in sospetto, in uggia al marito? Il tribunale domestico la giudica e la condanna.7 Può dar facoltà ai parenti di ucciderla.8 Si dà bel tempo in conviti, sfoggia in adorna-

  1. Ad Aenead., IV, 459.
  2. Heinecci, Pandect., Pars I, lib. I, tit. VI, 5, 144.
  3. Dig., 50, 46, 195, § 5.
  4. Cicer., pro Flacco, 34
  5. Rathery, Recherches sur l’hist. du Droit de success. des femmes, I part.
  6. Troplong, Influenza del Cristianesimo, X.
  7. Dion. Halycarnas., lib. II.
  8. Valer. Massimo, lib. VI, c. 3.