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annotazioni. 269


Pag. 156.          Quod zonam soluit diu ligatam.

Le fanciulle romane andavan cinte da una zona, o fascia di lana, legata da un nodo, che dicevasi erculeo, che veniva sciolto il giorno delle nozze, o dal marito, come credono alcuni, o, come altri dicono, dalla pronuba, che consecrava il cinto a Diana. Però scioglier la zona o la mitra significò, perdere la verginità; onde i Greci chiamarono λυσιζώνας le fanciulle esperte di Venere; e Ovidio:

Cui mea virginitas avibus libata sinistris,
Castaque fallaci zona recincta manu,

e il Nostro, altrove:

Ne quærendum aliunde foret nervosius illud
Quod zonam solvere vergineam,

La zona, che fu da prima, non tanto una custodia, quanto un simbolo della castità delle giovinette, cangiò più tardi di materia, di forma, di scopo; degenerò in subligaculum, cintura di cuoio o di lana imbottita di crini, usata specialmente dalle schiave, dagli attori, dagli atleti, a cui faceva il doppio ufficio di cinto erniario e dì foglia di fico; in fibula, specie d’anello d’oro, d’argento o di ferro, che barbaramente s’inseriva all’estremità delle parti sessuali non solo delle donzelle, ma anche dei giovanetti, col pretesto di preservarli da Venere precoce, che avrebbe loro rapita la freschezza della voce e della salute. (Celso, 7, 25.) Dall’infibulazione, operata più spesso dai fabbri e dalle maliarde che dai chirurgi, si passò mano mano alla castrazione; che giunse fra poco a tali eccessi, che un editto di Domiziano condannòse-


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