S’abbandonò ne le mie braccia. Amore 175 Tutt’alba il volto e tutto oro le vesti
Le danzava d’intorno a la persona
Splendidissimamente. Or, ben che paga
Di noi soli non sia, pur io sostengo
Rari e cauti i suoi furti, onde non farmi, 180 Com’è da stolti, oltre il dover molesto.
Arde essa Giuno in fra’ continui torti
Del suo divo marito, essa che incede
Massima in fra gli Dei, nè i furti ignora,
Ch’avido d’ogni amor Giove commette. 185 Ma iniquo è l’assembrar gli uomini a’ Numi;
E ingrato il brontolar da mane a sera
Co ’l cipiglio d’un nonno. Ella a la fine
Da le case paterne a man condotta
Non venne a me, spirante assirî odori; 190 Ma a le braccia del suo proprio marito
Involandosi, a me trasse furtiva,
E in quella notte d’estasi i suoi primi
Doni soavi a l’amor mio concesse.
Oh! pago io sono, e se un dì sol m’è dato, 195 Del più candido sasso ella me ’l segni!
Questo, di tanti beneficî in prezzo,
Umile carme a te mandar poss’io;
Altro, o Manlio, non posso, onde il tuo nome
Per quanti saran mai giorni e stagioni 200 L’irta ruggin non morda. Aggiungeranno
Quei favori gli Dei, che Tèmi un giorno
Ai pietosi assentia mortali antichi.