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i tempi di catullo. | 15 |
ai barbari di Spagna, a via d’imposture, di stratagemmi, d’audacia;1 si ride di Metello e di Roma, e muore tradito, non vinto.
Pompeo, prima onorato, poscia invidiato da Silla, scacciato ch’ebbe Perpenna dalla Sicilia, sconfitto Domizio in Africa, costretto Lepido ad abbandonare l’Italia, vinti i capitani di Sertorio, massacrati gli schiavi, finita la guerra coi pirati, vòlta faccia ai senatori, ghermisce il consolato, carezza i cavalieri e la plebe, fa fronte a Cesare, diviene sostegno della repubblica e speranza della libertà, egli, che regge a mala pena sè stesso, e non è mai sicuro strumento della propria ambizione.
Catilina è la voce delle province, esecrato perchè vinto; Spartaco la voce degli schiavi; Cicerone la voce della sua vanità; Catone e Bruto, maschere antiche: cinico il primo, traditore il secondo: l’uno traffica la moglie, l’altro maledice alla virtù; grandi nel morire ambedue.
III.
Lo spettacolo dura troppo. Il popolo è stanco di tante guerre, di tante discordie, di tanto baccanale di ambizioni, di vendette, di stragi: ha la vertigine, bisogna che si lasci cadere per terra; riposarsi per riprender fiato e per vivere.
Da Farsaglia ad Azio è come un interregno.Nes-