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la fortuna dei carmi di catullo 129

le quistioni meno importanti, trascura la sostanza e l’insieme. Chi è Catullo? com’era l’anima sua? che cosa ci esprime il suo carme? Chiuso il libro dello Schwab, non se ne sa più che tanto. Sapremo, per esempio, che il nome del poeta non era Quinto, ma Caio, anzi Gaio; ch’egli nacque a Verona e non a Sirmione; che Lesbia era Clodia e non una cortigiana volgare; sapremo queste e tant’altre cose, che forse sapevamo digià e non valeva la pena di rimettere in discussione; ma il campo della critica è così ristretto? Una critica che si circoscrive nello studio delle date e dei nomi è la critica vera? o, per lo meno, è tutta quanta la critica? Con buona pace dell’illustre dottore, io rispetto troppo la critica per tenerla in si poco conto. Una critica che si ferma a codeste quistioni somiglia a un coltello anatomico, che non taglia più giù della pelle; un critico che la prende troppo sul serio non è dissimile da Don Chisciotte, che prendeva i mulini a vento per accampamenti nemici. Far la critica d’un poeta non vuol dire soltanto stabilire il giorno e il paese in cui nacque, gli amici che ebbe, i viaggi che intraprese, le poesie che scrisse; ma studiare i suoi tempi, le sue opinioni, i suoi sentimenti, i suoi vizii, le sue virtù, studiare il poeta nell’uomo, e l’uomo nel poeta; non solamente intenderlo, ma sentirlo. La critica, come io l’intendo, è più quistione d’anime che di parole.