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la fortuna dei carmi di catullo 125

nella. Ma se la prima edizione riuscì molto pregevole ed è molto rara, la seconda, imborrata com’è d’un indice di tutte le parole, come quella del Passerazio, e di tutta la rettorica che l’editore aveva nel sacco, non è niente di bello e di buono.

Dopo tutti costoro scende in campo Giuseppe Scaligero armato di molto ingegno, di molta dottrina e di molta arroganza. Sprezzando, non senza un certo livore, le correzioni del Mureto e la seconda edizione Aldina, ritornò all’Aldina prima, da cui ebbe a scavitolare una farragine di lezioni inutili e viziose delle quali parte corresse a modo suo, parte lasciò così com’erano. Ad ogni modo egli non dubita di confessare e giurar per gli Dei, che in comentar Catullo, Tibullo e Properzio ei non pose più d’un mesetto, e noi gli crediamo sulla parola.

Il male fu che quella prosuntuosa abborracciatura, in grazia forse di quel tale spolvero che hanno tutte le cose dello Scaligero, levò subito molto grido, ed ebbe l’onore di ben trentasette edizioni in poco più d’un secolo dall’edizione di Parigi del 1577 a quella del 1680, nella quale furono raccolti in un corpo i comenti del Grevio, del Mureto, dell’Avanzio, d’Achille Stazio, di Giuseppe Scaligero e del povero Giano Dousa, che curò diligentemente ed illustrò con molta novità d’erudizione l’edizione lionese del 1592, tratta in massima parte su quella del 1569, e correttissima di tutte come Heinsio1 la chiama.

Notevole dopo questa è l’edizione di Londra del

  1. Ad Virg. Aenead., VII, 110.

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