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questioni. | 101 |
gasse l’amico a tornare a Roma per farla a’ pugni coi rivali, e lo mettesse in burla per giunta, quando dovea sapere la ragione, per cui il poeta s’era allontanato, per poco per molto, da quella donna, che ben conosceva di che pasta fosse? Che se poi, come credono i critici, Catullo s’era allora distaccato per sempre da Clodia, l’invito di Manlio, che pur dovea sapere a qual punto fossero le cose fra la Lesbia e l’amico, sarebbe stato non solamente inqualificabile e stupido, ma, accompagnato alla celia, sarebbe riuscito crudele.
A ogni modo, anche interpretando diversamente i due versi citati, io non trovo ragionevole tutta la grande ed arcana significazione, che han voluto dare i critici a quel miserum est del trentesimo verso. II poeta sente benissimo il peso della sua solitudine; ma costretto più che altro dal domestico dolore a starsi lontano da Roma, dice esser più meritevole di compassione che di scherno, sì per la sventura che l’ha colpito, che per la privazione dei tanti piaceri della capitale.
Ma torniamo all’esposizione del carme. La morte del fratello, dice il poeta, la lontananza da Roma, dove ho stanza, libri e tutto, mi tolgono di soddisfare, secondo il mio desiderio, alla doppia domanda di Manlio. Ma potrò io dimenticare, soggiunge, tutto il bene ch’io gli devo?
No: io non tacerò com’egli m’abbia giovato; voglio far celebre per tutti i secoli il nome del mio benefattore (v. 41, 49). E si noti, il poeta è dispiacente di non potere, per le suddette ragioni, adempire i desiderii dell’amico, secondo la misura della sua gratitudine: non dice di non potere in alcun modocompiacer-
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