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98 | questioni. |
derei mancar di rispetto a loro ed a me, se non avessi il coraggio di esprimer liberamente un’opinione che s’allontana assolutamente dalla volgare. L’epistola a Manlio a me pare tutta d’un getto; ispirata da un solo pensiero; composta tutta in un tempo, ed al solo scopo di consolare l’amico addolorato dalla morte della sposa diletta.
Tiro, anzi tutto, un velo pietoso sulla frivola congettura dello Scaligero, accettata e sostenuta con miserrime ragioni dallo Schwab, cioè, che la seconda parte del carme sia diretta ad Allio e non a Manlio; essendo saputo da tutti, che nei codici antichi sono spesso tralasciate le iniziali maiuscole, che s’aggiungevano poscia in rubrica. Il nome di questo signor Allio d’altronde non lo troviamo in alcuna storia, in nessun dizionario; sicchè ci vuol poco ad accorgersi, ch’esso è uno dei soliti pettirossi che prendono i critici.
Venendo però alla quistione se il carme sia da dividere o no, io, senza far gran caso degli antichi codici a penna e a stampa, che ci offrono unita l’epistola, credo opportuno di esporne l’argomento, perchè dalla sostanza stessa del carme, e non da ragioni esteriori e da più o men valevoli autorità di eruditi, si possa rilevare la sua essenziale e necessaria unità.
Il carme è provocato da una lettera di Manlio, che annunzia al poeta una domestica sventura, probabilmente la morte di Giulia (v. 5 e 6). Catullo, benchè riconciliato da qualche mese con la Lesbia, ch’era stata poco innanzi piantata da Celio; un po’ per aver fatto proposito di prender di lei quel tanto che poteva; forse anche. per far prova della fermezza del suo carattere,