Pagina:Cattaneo - Rivista di varii scritti intorno alla Strada ferrata da Milano a Venezia.djvu/12


da milano a venezia 51

non si era presentato alcun progetto), cominciò tosto a levarsi l’aura di Borsa, e l’impresa ideale cominciò a prender forma di cosa vera. Ma in luogo di secondare il proposto modello della società per la strada ferrata di Moravia, i soscrittori vollero conservare e perpetuare il dannoso riparto in due sezioni, il quale, richiedendo l’impossibile, cioè il consenso continuo di due giudizj e di due volontà, moltiplica senza fine gli indugi e le spese. Il che era inevitabile dal momento che l’amministrazione doveva rimanere in mano propria di banchieri, che hanno i loro affari agli estremi punti della linea da costruirsi, e perciò non possono adunarsi in consesso ogni giorno a trattare gli affari altrui.

Di poco stette che fin da principio non ne venisse un grave dissesto, cioè la divisione dell’impresa fra due corpi tecnici, con doppia spesa d’amministrazione e scioglimento d’ogni unità. La commissione véneta, senza prender concerto coll’altra, aveva offerto la direzione di tutta l’impresa all’ingegnere Milani; e il 21 febbrajo 1837 gli scriveva d’aver "definitivamente stabilito", pregandolo a sollecitare il suo arrivo in Italia. Ma dopo tre settimane, gli dava l’annunzio che la società fondatrice "era divisa nelle due sezioni di Venezia e di Milano; e il loro mandato contemplava i rispettivi territorj"; e che la sezione di Milano aveva per la sua parte già nominato un proprio ingegnere, nello stesso tempo che aveva u approvato e aggradito» la scelta del sig. Milani per la parte véneta. L’ingegnere rispondeva di non voler accettare "un incarico diviso per tenitori, e ristretto per lui al solo territorio véneto"; poi mandava a Milano copia di tutto il carteggio da publicarsi; ed io fui richiesto di farlo inserire negli Annali di Statistica. Mi parve dannoso consiglio, che avrebbe promosso la discordia, e alienata l’opinione generale; e perciò ritenni il carteggio coll’acerba lettera che lo accompagnava; e lo conservo tuttora. Come a persona che mostrava buon volere, mi fu scritto da Venezia di "vedere qualcuno della commissione di Milano, e d’influire colle mie riflessioni" al fine dell’unità e della concordia; e chi venne con particolare incarico, fu diretto a me con lettere, perchè "non gli risparmiassi i miei consigli, accertandomi che ne avrei merito". E invero, sì cogli officj privati, sì col mezzo