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più si rallegra. Perocchè spesse volte addiviene, che l’anima ama spiritualmente, e se non trova quella consolazione e satisfazione da quelle creature, come vorrebbero che,le paja che ami o satisfaccia più ad altri che a lei, ne viene.in pena, in tedio di. mente, in mormorazione del prossimo, ed in falso giudicio, giudicando la mente e la intenzione- de servi di. Dio, e specialmente quella, di coloro di cui ha pena; unde diventa impaziente, e pensa quello che non die’ pensare, e con la lingua dice quello che non die* dire, e vuole allora usare per queste colali pene una stolta umilità che ha colore di umilità, ma egli è il figliuolo della superbia che esce dal.lato, dicendo in sè medesima!

io non lo’voglio fare motto, nè impacciarmi più con loro: starommi pianamente, e non voglio dare pena, nè a loro, nò a me; e sta in terra con uno perverso sdegno: ed a questo se ne die avvedere che è sdegno, cioè nel giudicare che sente nel cuore e nella mormorazione della lingua. Non die’fare dunque così, perocché per questo modo non levarebbe però via la barba, nè mozzarebbe il figliuolo da lato, cbe impedisce che l’anima non giogne alla sua perfezione, la quale ha cominciata, ma debba con libero cuore e con odio santo di sè, e con spasimato desiderio del1’ onore di Dio e della salute dell’ anime, e con affetto di virtù nell’ anima sua, ponersi in su la mensa della santissima croce a mangiare questo cibo; cercando con pena e con sudori d’acquistare la virtù, e non con proprie consolazioni, nè da Dio, nò dalle creature, seguitando le vestigio e la dottrina di Cristo crocifisso, dicendo a sè medesima con grande rimproverio.

Tu non debbi, anima mia, tu che se’membro, passare per altra via. che d capo tuo; sconvenevole cosa è, che sotto il capo spinato slieno i membri delicati; che se per propria fragilità ed inganno del dimonio, e venti de’ molli movimenti del cuore, per lo modo detto di sopra, o per altra via venissero, debba allora salire l’anima sopra da coscienzia sua, e tenersi ra-