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J9° egli non cognosce sè che Iiii offeso Dio, tagliando questo arbore col coltello della vera umilità, la quale umilità notrica la carità nell’anima, la quale è uno arbore d’amore, che è il mirollo suo, e la pazienzia, e benivolenzia del prossimo; perocché come la impazienzia dimostra più che l’anima sia pi vata di Dio, che. niun altro vizio, perocché si giudica subito, perchè c’è il mirollo, egli ci è l’arbore della superbia, così la pazienzia dimostra meglio e più perfettamente, che Dio sia,per grazia nell’anima, che veruna altra virtù; pazienzia dico fondata nell’arbore dell amore, cioè, che per amore del.suo Creatore dispregi il mondo, ed ami la irigiuria da qualunque Iato ella si viene.
Diceva che l’ira e la impazienzia era in due modi, cioè in comune ed in particulare.
III. Abbiamo detto de’ comuni, ora la dico in particulare, cioè di coloro che hanno già spregiato il mondo, e vogliono essare servi di Cristo crocifisso a loro modo; cioè in quanto trovano diletto in lui e consolazione!
questo è, perchè la propria volontà spirituale non è morta in loro, e però dimandano e chieggono a Dio, che doni le consolazioni e tribolazioni a loro modo, e non a modo di Dio, e così diventano impazienti quando hanno il contrario di quello che vuole la propria volontà spirituale; e questo è uno ramascello di superbia che esce della vera superbia, siccome 1’ arbore cli
mette 1’ arboscello da lato, che pare separato da lui, e nondimeno la sustanzia della quale egli viene, la tra je pure dal medesimo arbore.
Così è la volontà propria dell’ anima che elegge di servire a Dio a suo modo, e mancandoli quello modo, sostiene (iena, e dalla pena viene alla impazienzia, ed è incomportabile a sè medesimo, e non gli diletta di servire a Dio, nè al prossimo, anco chi venisse a lui per consiglio o per ajuto, non gli darebbe altro che ri m prò ve rio, e non saprebbe comportare il bisogno suo. Tutto questo procede dalla propria volontà sensitiva spirituale, che esce dell’arbore della superbia,