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molto al dimonio. La impazienzia perde il frutto della sua fadiga, priva 1 anima di Dio, e comincia a gustare l’arra dell inferno, e dalli poi la eterna dannazione, perocché neirinferno arde la mala e perversa volontà con ira, odio ed impazienzia: arde e non si consuma, ma sempre rinfresca, cioè, che non viene meno in loro, e però dico non consuma: ha bene consumata e diseccata la grazia neh anima loro, ma non è consumato 1’ essare, come detto è, e però dura la pena loro elernalmentc. Questo dicono i santi, che i dannati addimandano la morte e non la possono avere, perchè l’anima non muore mai: muore bene a grazia per lo peccato mortale, ma non muore allessare. Non è alcuno vizio, nè peccato, che in questa vita faccia gustare l’arra dell’inferno, quanto l’ira e la impazienzia!
egli sta in odio con Dio: egli ha in dispiacere il prossimo suo, e non vuole, nè sa portare, nè sopportare i difetti del suo prossimo, e ciò che gli è detto, ho fatto, subito va a vela fi\, e muovesi il sentimento alla ira ed alla impazienzia, come la foglia al.vento; egli diventa incomportabile a sè medesimo, perocché la perversa volontà sempre il rode ed appetisce quello che non può avere; scordisi dalla volontà di Dio e dalla ragione dell’anima sua; e tutto questo procede dall’arbore deila superbia, il quale ha tratto fuore il mirollo dell’ ira e della impazienzia,- e diventa l’uomo uno dimonio incarnalo, e molto fa peggio a combattere con questi dimonj visibili che con gli invisibili.
Bene la debba dunque fuggire ogni. creatura che ha in sè ragione.
II. Ma attendete che sono due ragioni d’impazienzia.
Questa è una impazienzia comune, cioè, de’comuni uomini del mondo, che lo’addiviene per lo disordinato amore che hanno a loro medesimi ed alle cose temporali, le quali amano fuore di Dio, che per averle, non si curano di perdare l’anima loro, e di metterla nelle mane delle dimonia: questo è senza rimedio, se ò\ Caterina. Opere, T, Vii i3